

Parto naturale o cesareo? Cambia il microbiota del neonato
I batteri cominciano a popolare il nostro microbiota dalla nascita.
È una pacifica colonizzazione: noi veniamo al mondo sostanzialmente sterili, ma fin dalle primissime ore di vita ospitiamo nuclei di microrganismi sempre più numerosi.
Conta, in questi insediamenti microbici, anche il tipo di parto, naturale o cesareo, come ha rimarcato uno studio.
Differenze di microbiota in base al parto
I bambini nati per via vaginale – si legge nell’indagine in questione, condotta da un team di ricercatori brasiliani – mostrano una maggiore concentrazione di Bacteroides, Bifidobacteria e Lactobacillus nei primi giorni di vita e una variabilità microbica più significativa nelle settimane successive.
Se invece il parto è cesareo, il microbiota dei neonati è simile a quello residente sulla pelle materna (e nell’ambiente ospedaliero) e risulta meno diversificato (per la cronaca, composto principalmente da Staphylococcus, Streptococcus e Clostridium). Come dire: il microbiota vaginale della mamma assicurerebbe al figlio una maggiore varietà di microrganismi colonizzatori, responsabili a loro volta del potenziamento del sistema immunitario.
L’esperimento con il cotton fioc
«Ma se vostro figlio è nato con un cesareo, niente paura: è probabile che sarà sano come un pesce», scrive nel libro Segui la pancia il pediatra Rob Knight, direttore del Center for Microbiome Innovation di San Diego, in California. «Quando nostra figlia è nata con un cesareo fuori programma, l’abbiamo cosparsa dei microbi vaginali che avrebbe ricevuto in circostanze normali. In assenza di un manuale che spiegasse come fare, abbiamo usato dei cotton fioc».
Anche la placenta ha il suo microbiota?
Ricerche condotte negli ultimi anni hanno dimostrato che il latte materno rappresenta un apporto continuo di batteri benefici per l’intestino del neonato, che contribuiscono alla maturazione delle funzioni digestive e immunitarie nel bambino in via di sviluppo.
A rincarare la dose, descrivendo come il mondo dei microbi sia una presenza ineludibile e interattiva nella biologia del genere umano, ci ha pensato la professoressa Indira Mysorekar, del Baylor College of Medicine a Houston (nello Stato americano del Texas). A partire dal 2011 i suoi studi hanno cominciato a mettere in discussione la sterilità della placenta.
Quest’organo complesso, che consente lo scambio tra sangue materno e fetale, è sempre stato ritenuto un confine immacolato. Uno scrigno incontaminato. Ma quando il team della scienziata è andato a esaminare al microscopio i tessuti di quasi 200 placente, batteri sono stati scovati in quasi un terzo dei campioni. Il punto è che questo singolare riscontro non mostrava connotati patologici: Indira Mysorekar, in altre parole, non ha rilevato soldati immunitari accorsi nei pressi delle cellule batteriche né i segni temibili di un processo infiammatorio. Quella popolazione di germi se ne stava beatamente lì, tanto nelle placente delle donne che avevavo partorito prematuramente, quanto in quelle delle neomamme con gravidanze normali.
Il microbiota è un patrimonio unico che va rispettato!
Dunque, crolla un dogma? Il fatto, cioè, che noi si nasca sterili? I primissimi batteri che popolano l’organismo umano potrebbero attecchire già prima della nascita? Esiste addirittura un microbiota placentare? C’è chi è scettico e chiede sulla faccenda ulteriori investigazioni. Ma certo è, come dice la professoressa Mysorekar, che «sul microbiota c’è così tanto da imparare».

