La dieta mediterranea piace al microbiota

Il microbiota varia in base alla dieta della persona in cui vive e, se lo nutriamo bene, agisce addirittura da scudo protettivo nei confronti del rischio di sviluppare una demenza.

Non passa una settimana senza che la letteratura medico-scientifica aggiunga tasselli di conoscenza a quel mirabile mosaico chiamato microbiota, la sterminata comunità di batteri, virus, protozoi e funghi residente all’interno del tratto gastrointestinale.
Una ricerca recente afferma proprio che esiste una tavola capace, in potenza, di frenare il decadimento cognitivo, passando per gli inquilini della nostra pancia: è la dieta mediterranea. Lo studio è firmato da un team di studiosi canadesi (sulla rivista The journals of gerontology).

I grandi pilastri della dieta mediterranea
Cominciamo col dire che i regimi alimentari improntati alle abitudini americane sono caratterizzati dall’assunzione di cibi assai ricchi in grassi saturi e zuccheri raffinati, e poveri di fibra. Ci sono fior di studi che hanno segnalato come un’impostazione dietetica del genere si associ alla lunga a un progressivo deterioramento cognitivo.
Ben altra piega assume il discorso con la dieta mediterranea, che significa: ridotto apporto di grassi saturi provenienti da burro, latte intero e carni rosse; alto consumo di monoinsaturi, presenti principalmente nell’evo, l’olio extravergine d’oliva; adeguato apporto di acidi grassi polinsaturi (omega-6 e omega-3), che derivano fondamentalmente dal pesce, dai molluschi e dalle noci; basso contributo di proteine animali (leggi: carni rosse); introito rilevante di principi antiossidanti (come i polifenoli), racchiusi nella frutta, nelle verdure, nel vino, nell’EVO, nonché nelle spezie/erbe aromatiche; elevato introito di fibra alimentare, reperibile nei cibi di origine vegetale.
Ebbene, la dieta mediterranea apporta benefici al cervello, arginando la neuroinfiammazione e lo stress ossidativo, e promuovendo la connettività fra i neuroni. Il punto cruciale è che, contrariamente alle abitudini occidentali, la dieta mediterranea produce oggettivamente una migliore composizione e diversità del microbiota nonché una maggior tenuta (ossia una minore permeabilità) della barriera intestinale e una riduzione dei processi infiammatori.
Che significa, in soldoni? Che se il sano stile alimentare fa bene al nostro corpo (e al cervello) è perché in prima battuta agisce positivamente sul microbiota. È un effetto domino. E il benessere del microbiota è il raccordo portante. Il crocevia nodale.

Chi mangia sano ha il microbiota sano
La dieta mediterranea incentiva l’abbondanza dei batteri capaci di fermentare le fibre vegetali, evento che a sua volta promuove la produzione locale e la diffusione nel torrente sanguigno degli acidi grassi a catena corta (SCFA): oltre a promuovere la salute dell’intestino, questi composti speciali essercitano effetti benefici sulla compagine del tessuto cerebrale. «Sappiamo che gli squilibri subiti dal microbiota si associano ai disturbi cognitivi», spiega Noah Koblinsky, autore principale dello studio, del Rotman Research Institute (di Baycrest, centro accademico di Scienze della Salute affiliato con l’Università di Toronto).

A tavola contro la demenza
Il team del dottor Koblinsy ha setacciato tutta la ricerca disponibile relativa agli effetti della dieta sia sul microbiota sia sulla salute del cervello. E tra i lavori esaminati spicca senz’altro uno studio su 1.200 anziani (di età compresa tra i 65 e i 79 anni): a metà dei partecipanti è stato chiesto di seguire una dieta dai connotati mediterranei per 12 mesi, e all’altra no. I soggetti che più si sono dimostrati ligi ai pilastri del regime mediterraneo hanno mostrato miglioramenti significativi nella cognizione globale e nelle prestazioni mnemoniche. E, guarda caso, la maggiore aderenza allo schema mediterraneo è risultata associata a una migliore diversità del microbiota, a un aumento dei famosi acidi grassi a catena corta e a una riduzione degli indici infiammatori.
La ricerca in questo campo non se ne starà con le braccia conserte e dovrà varare ulteriori indagini per corroborare tali dati, ma l’evidenza attuale già ci indica in maniera chiara come il microbiota sia un mediatore capitale nel modo in cui la dieta influisce sulla salute globale e cerebrale. La psichiatra Nicole Anderson, anche lei firmataria dello studio, ha commentato: «Comprendendo meglio come i mutamenti in seno al microbiota intestinale intervengano sul legame tra stili di vita e benessere del cervello, potremo presto elaborare nuove strategie per ridurre il rischio-demenza, aiutando la popolazione anziana a invecchiare senza paura».

Redazione Nutrivel