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Inulina, la super fibra per il microbiota
Inulina per aiutare la perdita di peso, inulina per proteggere l’intestino e il fegato, inulina contro i diverticoli.
La buona notizia è che questa super fibra alimentare si trova in abbondanza in alcuni cibi comuni, tra cui i carciofi e la lattuga. I suoi effetti, che sono stati molto studiati dalla ricerca e che continuano a essere sfruttati dai medici, in primis dei gastroenterologi, derivano soprattutto dal fatto che nutre bifidobatteri e lattobacilli, batteri del microbiota intestinale alleati della nostra salute.
L’inulina è un prebiotico
L’inulina viene definita prebiotico (dal greco pre bios, “prima della vita”), ossia una sostanza non digeribile che, proprio per il fatto di non essere scomposta dai nostri enzimi, arriva nell’intestino, dove costituisce il pasto dei microbi garanti del benessere dell’organismo. Un microbiota sano è vario, cioè caratterizzato dalla biodiversità, con la presenza di centinaia e centinaia di specie in cui venga mantenuto un equilibrio tra “buoni” e “cattivi”. Ma come far sì che non subisca scossoni? Come evitare il rischio di una disbiosi, cioè un’alterazione? Intanto non facendosi mancare il corretto apporto di fibra alimentare a tavola, prerogativa di frutta, verdure, cereali integrali e legumi. Dal punto di vista biochimico, la fibra è composta da lunghe catene di zuccheri semplici (polisaccaridi) che non possono essere digerite dagli apparati enzimatici del nostro corpo, ma che fungono da straordinario “foraggio” per i germi residenti nell’organismo umano. Non c’è dubbio che siano composti preziosi, capaci di stimolare la proliferazione dei batteri amici, da cui deriva un bel bottino di vantaggi: di natura antinfiammatoria, metabolica e immunitaria.
Inulina: che cos’è e dove si trova
Le terapie antibiotiche scriteriate, alcuni additivi alimentari e pure l’inquinamento sono stress ambientali che possono alterare quantità e qualità dei nostri inquilini microbici. Ebbene, l’assunzione delle fibre è un formidabile antidoto, e tra esse spicca l’inulina. Consiste in una sfilza di molecole di fruttosio, attaccate come perle di un collier. Si rinviene nella famiglia delle composite, e dunque in carciofi, lattuga, radicchio, cicoria, tarassaco e topinambur e nella cicoria, ma anche nella famiglia delle liliacee: asparagi, aglio, porro, cipolla e scalogno. In più, nel tartufo bianco.

I benefici dell’inulina
In uno studio è emerso per esempio che la modulazione del microbiota intestinale, attraverso la dieta arricchita con l’inulina, sembra promuovere la perdita di peso nei pazienti obesi. L’inulina appare altresì in grado di arginare l’esuberanza di microrganismi potenzialmente patogeni che di norma colonizzano il nostro corpo (i cosiddetti patobionti), come il Clostridium perfringens e l’Escherichia coli, pericolosi se prendono il sopravvento nel microbiota. Non solo: i batteri che si nutrono di inulina producono come scarto della fermentazione acidi grassi a catena corta (SCFA), come l’acido acetico, il propionato e il butirrato.
Gli acidi grassi sono molecole strategiche, che intervengono a modulare il sistema immunitario, a migliorare le funzioni dei mitocondri (le centrali termiche delle nostre cellule), a regolare la secrezione di determinati ormoni intestinali, implicati nel mantenimento dei normali livelli di glucosio nel sangue, e a garantire l’integrità della parete intestinale. Perché si sa: una superficie intestinale troppo porosa rischia di favorire l’ingresso e l’incremento nel torrente sanguigno di tossine capaci di sollecitare uno stato infiammatorio generale.
Le prove scientifiche sono evidenti: il consumo dei cibi con i prebiotici come l’inulina è un toccasana per il microbiota e per il nostro metabolismo generale.
Gli integratori di inulina
L’inulina è anche nei supplementi, sintetizzata per esempio dalle radici della cicoria. «Noi medici possiamo prescrivere integratori che contengono inulina per la sindrome del colon irritabile o in caso di disturbi al fegato, in persone molto esposte alle tossine prodotte dai batteri cattivi», scrive Silvio Danese, direttore della divisione di Gastroenterologia ed Endoscopia digestiva all’ospedale San Raffaele di Milano, nel libro In pace con la pancia (Sonzogno). «Anche i primi studi condotti sui prebiotici nel campo della lotta al tumore intestinale stanno dando risultati incoraggianti. Ma i prebiotici non sono tutti uguali, e ogni eventuale carenza richiede l’integrazione di una sostanza specifica, e non di quella contenuta nel primo prodotto in offerta vicino alla cassa. Soltanto lo specialista ha le competenze per valutare, in caso di patologie, quali e quanti prodotti assumere, anche in relazione alle eventuali terapie farmacologiche in corso».
