

Il microbiota intestinale e le difese del cervello
Avete presente il film Ghostbusters? Il classico del 1984 diretto da Ivan Reitman? Nel film spiccano due figure che vengono chiamate Mastro di porta e Guardia di chiavi.
L’accostamento è fantasioso ma ruoli del genere sono presenti pure nell’organismo umano. A incarnarli provvedono due realtà che interagiscono per garantire il nostro benessere complessivo. Da un lato c’è il microbiota intestinale, la popolazione multitasking di microbi amici residenti nella nostra pancia, e dall’altro un sistema di cancelli biologici eretto per preservare l’encefalo dagli agenti nocivi e infiammatori che finiscono accidentalmente nel torrente sanguigno. I due attori sono profondamente interconnessi a tutela della nostra salute, viscerale e psichica. In pratica, un Mastro di chiavi e un Guardia di porta.
La stretta relazione intestino-cervello è corroborata da un dato di fatto risaputo: depressione e ansia accompagnano spesso chi soffre di malattie infiammatorie intestinali, come la colite ulcerosa e la malattia di Crohn. Si ritiene che fino al 40% dei pazienti alle prese con tali quadri clinici presenti disturbi psicosociali.
Il collegamento tra microbiota e cervello
Questa interazione dinamica tra la testa e la pancia è stata brillantemente descritta, sulle pagine della rivista Science, da un team di ricerca capitanato da Maria Rescigno, responsabile del Laboratorio di Immunologia delle Mucose e Microbiota all’Istituto Humanitas di Milano e docente di Patologia generale di Humanitas University.
Il punto di partenza è che il sistema nervoso centrale è una struttura anatomica assai sensibile e richiede un habitat biologico costantemente equilibrato, che non subisca insomma scossoni per l’arrivo di qualche fattore infettivo o tossico finito impunemente nel flusso sanguigno. Per scongiurare tale eventualità, la difesa comincia già a partire dai piani bassi, a livello dell’intestino.
Del resto, riflettiamoci: trilioni di batteri abitano le nostre viscere, ma come facciamo a tenere a bada tutta questa frenetica massa microbica? In che modo è possibile gestirla evitando che qualche germe importuno sgusci via e acceda al fegato e al fiume circolatorio e minacci poi il tessuto cerebrale?
Ci pensano allora tre strategiche palizzate. Una prima linea difensiva è rappresentata dal muco sfornato delle ghiandole intestinali; un secondo posto di blocco è la filiera di cellule che compongono l’epitelio, fortemente adese l’una all’altra; ma c’è pure un terzo cancello e si chiama barriera vascolare intestinale, uno steccato che sorveglia l’accesso di macromolecole e microrganismi nella circolazione sanguigna sistemica. Rescigno descrive questo sbarramento con un’immagine efficace: agisce come le alette di una tenda veneziana, filtrando le molecole in base alle dimensioni, per cui, per capirsi, transitano le sostanze nutritive ma non i batteri.
Non è finita qui: in alto, nel distretto encefalico, il team di Humanitas ha evidenziato su Science un ulteriore meccanismo che stoppa l’ingresso nel cervello dei segnali infiammatori scaturiti nell’intestino e migrati nel sangue. Quest’ennesima staccionata è stata riconosciuta in una formazione chiamata plesso corioideo, un baluardo capace di aprirsi e chiudersi a seconda degli scenari circostanti, congegnato per impedire le potenziali neuroinfiammazioni.
Tutelare il microbiota per proteggere l’intestino
Si tratta indubbiamente di una mirabile e affascinante architettura difensiva. Il funzionamento delle molteplici bio-barriere, e quindi la salvaguardia delle performance cerebrali, dipendono dalla piena salute del nostro microbiota.
Già: se l’equilibrio laggiù finisce per incrinarsi, con l’instaurarsi della cosiddetta disbiosi, o quando si ha a che fare con una malattia infiammatoria cronica intestinale, le recinzioni decadono. Vengono forzate, come abbattute da una mandria impazzita di bisonti. E allora, batteri e molecole infiammatorie penetrano nell’apparato circolatorio e possono raggiungere e danneggiare altri distretti corporei. Al contrario, un intestino felice, funzionanante e in efficiente sinergia col suo microbiota, è anche ben difeso.
Ultima nota: una dieta particolarmente ricca di grassi animali costituisce una delle più comuni cause di disbiosi. Ed è davvero suggestivo, allora, che un personaggio della commedia shakespeariana La dodicesima notte dica: «Purtroppo sono un gran divoratore di carne di manzo, ecco perché, temo, il mio cervello va a rilento».

