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E se la luce del tuo smartphone ti aiutasse a superare il jet-lag stagionale?
Stanchezza, emicrania, problemi di indigestione. Il cambio stagione presenta i problemi del jet-lag. C’è qualche soluzione per evitarli, ed è anche merito del pianeta Marte
Su Marte il giorno dura 24 ore e 39 minuti. Ovvero circa 40 minuti più di quello terrestre. Se all’inizio questa differenza sembrava facile da gestire, la NASA si è dovuta ricredere. In una settimana l’accumulo di quei 39 minuti faceva in modo che, quando sul pianeta Terra era mezzanotte, su Marte albeggiava.
I controllori che organizzavano le operazioni diurne sul pianeta rosso erano soggetti a un jet-lag che regalava gli stessi sintomi di chi viaggia attraverso i fusi orari. Mal di testa, difficoltà ad addormentarsi, problemi di digestione, irritabilità.
La situazione era diventata tale che alcuni di loro, per adattarsi meglio e superare le controindicazioni di quella discronia, hanno invitato la famiglia ad adeguarsi agli orari marziani. Non senza, però, chiedere alla NASA di trovare una possibile soluzione.
In modo meno evidente, anche il cambio di stagione unito al passaggio dall’ora solare all’ora legale o viceversa, porta con sé delle problematiche: si sente maggiore stanchezza, si fa fatica a prendere sonno, si avverte fame in orari che non sono deputati al pranzo alla cena, l’umore è spesso basso, si riducono le prestazioni mentali e fisiche e si rischia una compromissione temporanea della funzione immunitaria.
Il jet-lag stagionale? Tutta colpa del ritmo circadiano, come accade su Marte
Per il jet-lag stagionale la responsabilità è del ritmo circadiano, quell’orologio interno che coordina il funzionamento degli organi in base agli input del cervello e dell’ambiente circostante.

L’organismo è in grado di capire in maniera autonoma quando svegliarsi, quando dormire, quando nutrirsi grazie a questi ingranaggi che si attivano e si relazionano con la giornata terrestre. Nel profondo del cervello, nell’ipotalamo e in una zona chiamata nucleo soprachiasmatico, ci sono 20.000 speciali cellule pacemaker che si sincronizzano e comunicano quando è giorno e notte. Il messaggio si attiva in base alla luce e al buio percepito nell’ambiente esterno.
Di base il ritmo circadiano nelle persone varia, ma dura circa 24 ore. Nelle donne in media dura 24 ore e sei minuti, negli uomini 24 ore e 12 minuti.
Quando avviene un cambiamento esterno e c’è una luminosità diversa, gli organi si attivano in modo inaspettato e il cervello fa fatica a gestire input non allineati al suo orologio interno. Percepirlo in modo cosciente non è sempre facile, perché la stanchezza che ne deriva sembra quasi idiopatica, ovvero senza una ragione concreta.
I dinoflagellati per raccontare che il jet-lag è difficile da gestire, anche se si fa finta che sia tutto sotto controllo
Una dimostrazione della difficoltà di adattamento è facilmente visibile in un gioco per bambini: la sfera con i dinoflagellati. Questi sono degli organismi unicellulari che vivono nell’oceano o negli acquari, sono noti anche plancton marino e hanno una bioluminescenza particolare. Questa si attiva in base a un ritmo circadiano molto simile a quello degli esseri umani.
Se il ritmo è fuori fase, i dinoflagellati non si illuminano rendendo molto palese la loro difficoltà nell’adattarsi a una sequenza luminosa che non è la solita. Gli esseri umani dissimulano le loro difficoltà con un’operazione conscia, ma in realtà il fisico accusa un ritmo circadiano fuori fase. Anche se il cambio di stagione e dell’ora legale si limita a un’ora, quello che accade al corpo è uno spostamento completo di tutti i suoi orari, da quello del cervello a quello degli organi, che richiede un tempo minimo di attivazione e poi di messa a regime.
Le soluzioni venute da Marte per il cambio stagione
Rimettere in pista il ritmo circadiano ha delle conseguenze. Gli studiosi si sono messi in azione per trovare soluzioni. Alcune di queste arrivano proprio da Marte (Plasticity of the intrinsic period of the human circadian timing system).
Il professore Charles Czeisler e il suo team sono stati chiamati a gestire il jet-lag dei controllori dei rover su Marte e hanno scoperto che una delle terapie più funzionali per agevolare l’adattamento era quella della luce. Il modo più efficace era migliorare l’esposizione la sera per allenare i ritmi circadiani alla nuova impostazione (oraria).
I ricercatori hanno compreso che non si trattava di quantità di luce o di intensità, ma ad avere un impatto significativo era la lunghezza d’onda. Quello di cui gli ipotetici abitanti su Marte avrebbero bisogno è di una luce a lunghezza corta e non dissimile da quella blu, la stessa che emanano gli schermi degli smartphone in una stanza buia.
La luce blu è quella che diminuisce i livelli di melatonina, l’ormone che induce sonnolenza e che sposta l’orario in cui si avverte il sonno. Allo stesso modo questa terapia della luce può essere utilizzata quando è necessario adattarsi al cambio dell’ora.
