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Che rumore fa la felicità? Scienza e funzione biologica delle emozioni positive
La felicità è fine a sé stessa o ha uno scopo biologico per gli uomini? Ricerche e studi sulla scienza della felicità
Che ruolo ha la felicità nella nostra vita? O meglio: ci serve a sopravvivere in termini biologici? Esiste quindi una scienza che ne definisca la sua utilità o si tratta solo di un’emozione fine a sé stessa? Qual è la formula esatta o gli elementi – nel caso esistessero – che possono rendere una vita felice?
Scienza della felicità, e se c’entrasse la biologia?
Cominciamo da qui: gli esseri umani hanno le papille gustative per l’amaro più sensibili di quelle per il dolce. La storia evolutiva racconta come questo sia stato un sistema utile a tutelarci da alimenti velenosi. Per comportamento psicologico gli uomini sono più propensi a prestare la massima attenzione a qualcosa di negativo più che a qualcosa di positivo. Questo, a sua volta, potrebbe essere derivato da una maggiore sensibilità al pericolo e al dolore in termini difensivi e di autoconservazione. Nell’economia generale delle percezioni, quelle negative sembrano rappresentare una percentuale consistente del vissuto quotidiano: sono loro che intercettano il rischio e rappresentano una specie di bussola per aumentare le possibilità di sopravvivenza.
In questi come in altri casi, la biologia può spiegare l’origine di certi comportamenti, che sono comuni a molti esseri, compresi gli animali. Le emozioni negative, però, sono un segnale utile, ma non l’unico.
Anche la felicità, infatti, ha un’origine legata alla scienza, a neurotrasmettitori e centri del piacere nel cervello.
Scienza della felicità, e se le emozioni positive avessero una funzione biologica?
Tra gli studiosi che hanno posto attenzione al tema, in termini di comprensione, c’è Nancy Etcoff, psicologa dell’evoluzione e ricercatrice all’Università di Harvard. La sua idea di partenza è che gli esseri umani ricerchino la felicità e non possano fare a meno di desiderarla. È come se il cervello fosse programmato per volerla, oltre che per goderla. Così come i sentimenti negativi, la paura o il disgusto, servono a proteggerci, la felicità serve a ricercare opportunità e guadagno.
Si hanno quindi due sistemi, che sono dinamici e interattivi, nel senso che la loro alternanza è collaborativa e ha lo scopo di mantenerci in vita. Alla felicità, però, non è stata mai data molta importanza, sia per una questione evolutiva, legata al fatto che in passato fosse fondamentale allertare i centri per la sopravvivenza, sia per la storia della psicologia, che, guidata inizialmente da Sigmund Freud, pessimista convinto, tenne in secondo piano il valore della felicità. Il mondo però si è evoluto in modo da allontanarci dai bisogni biologici, perché è aumentata la sicurezza. È possibile quindi puntare alla trascendenza, all’autorealizzazione e al superamento del materialismo. In questo senso la felicità ha un ruolo fondamentale e diventa un pilastro per un cambiamento dei valori. Quelli in entrata saranno: salute, avventura, successo, piacere, divertimento, rispetto.

Scienza della felicità: gli ingredienti per una vita felice
Oltre ai contributi di Nancy Etcoff, per la scienza della felicità ci sono, tre le altre, le ricerche di George Vaillant. George Vaillant, per esempio, sostiene che, così la felicità abbia anche un ruolo sociale di notevole importanza: “Le emozioni negative, come l’aggressività e la paura, ci aiutano a sopravvivere individualmente; le emozioni positive aiutano la comunità a sopravvivere”.
Daniel Kahneman, premio Nobel, nel 2005-2006 ha scritto The Marketplace of Perceptions. Lo studio ha campionato diverse persone per individuare, nel corso della loro giornata, sentimenti, attività, compagni e luoghi che si potessero associare a un sentimento di felicità. Dai risultati è emerso che a influire negativamente sull’umore è per esempio il pendolarismo, che il sonno ha un effetto enorme sul benessere, così come le relazioni intime e la socializzazione, che appaga il bisogno di appartenenza tipico degli esseri umani.
Insomma, la scienza della felicità è ancora giovane, ma a oggi alcune conclusioni dei diversi studi sembrano coincidere. La felicità è legata a un bisogno di appartenenza e socialità che stimoli il cervello sociale. Gli stimoli agiscono sui centri di ricompensa del cervello che sono quelli che regolano il meccanismo di incentivazione all’opportunità e al guadagno. Le persone sono felici quando sono nel flusso, sono attive, fanno sport, sono concentrate sull’amato.
Chi studia la scienza della felicità ha inoltre un altro punto in comune: tutti gli esperti sono convinti che sia importante in futuro lavorare sull’economia comportamentale e sull’economia cognitiva attraverso la psicologia positiva, l’attenzione al benessere e alla scienza dei punti di forza, dando una svolta quindi a un passato che tendeva a privilegiare l’analisi e l’attenzione per le debolezze.
