

Arachidi e origano per il microbiota
La frutta secca con guscio influenza la composizione del microbiota intestinale.
Una ricerca recentissima, pubblicata sulla rivista Clinical Nutrition, ha voluto verificare l’effetto delle arachidi sul popolo dei batteri intestinali.
Obiettivo dei ricercatori è stato quello di esaminare l’effetto del consumo di 28 grammi al giorno di noccioline americane (tostate a secco e non salate) per sei settimane, rispetto a uno spuntino più ricco di carboidrati a base di cracker e formaggio. Risultato? Alla fine del periodo di osservazione, i partecipanti che avevano mangiato le arachidi possedevano, nel loro patrimonio microbiotico, una maggiore abbondanza di Ruminococcaceae.
I batteri ghiotti di noccioline americane
Si tratta di una specie di batteri buoni, in grado di svolgere un ruolo importante nella salvaguardia dell’intestino, grazie alla capacità di sfornare butirrato e altri acidi grassi a catena corta (in sigla, SCFA), preziosi ingredienti biochimici che sanno essere cruciali per la manutenzione delle pareti intestinali e dell’equilibrio immunitario.
Mandorle, noccioline e nocciole possiedono una frazione proteica, oltre a fibre e grassi buoni. La frutta secca con guscio è parte della dieta mediterranea ed è consigliata nelle Linee guida italiane per una sana alimentazione.
Negli studi si utilizzano quantità maggiori per misurarne l’effetto, ma nella vita quotidiana le porzioni consigliate sono un paio alla settimana da 30 grammi, che può voler dire per esempio 7-8 noci per volta o anche 2-3 noci al giorno. Chi però riduce o elimina la carne e i latticini aumenterà le porzioni, che diventeranno anche quotidiane per i vegani.
Anche le spezie nutrono i microbi amici
Un’impennata dei batteri delle Ruminococcaceae si è osservata anche con l’aggiunta di un mix di erbe e spezie alla dieta (americana media) di un gruppo di soggetti adulti a rischio dal punto di vista cardiovascolare: cannella, zenzero, cumino, curcuma, rosmarino, origano, basilico e timo. Un’indagine, diffusa da The Journal of Nutrition, ha mostrato come il condimento abbia prodotto segni tangibili: dopo quattro settimane, è stato possibile osservare un sensibile arricchimento della diversità dei batteri intestinali.
«Tutti potrebbero trarre beneficio dall’impreziosire di profumi e aromi la cucina», ha commentato Penny M. Pris-Etherton, del Dipartimento di Scienze della Nutrizione alla Pennsylvania State University. «E poi è anche un sistema per ridurre il sodio nella dieta personale, salvaguardando nel contempo l’appetibilità dell’alimento».
Erbe e spezie sono ricche di composti polifenolici, un’ampia classe di sostanze chimiche strutturalmente diverse, che fungono da substrati, cioè da materiali buoni per i batteri intestinali.

